ISOLA DI ORTIGIA
Ortigia affiora dalle acque del Mar Ionio lungo la costa orientale della Sicilia, a poche centinaia di metri dalla terraferma. L’isola è collegata in maniera permanente da due ponti percorribili anche in auto, ma è importante notare come molte delle vie del paese siano all’interno di un’ampia area ZTL, per cui moltissimi turisti preferiscono visitare Ortigia a piedi o utilizzando l’apposito servizio pubblico (c’è un autobus che fa il giro dell’isola).
L’isola di Ortigia: la spiaggia di CALA ROSSA
In Ortigia, sul Lungomare di levante e a pochi passi dalla Chiesa del Santo Spirito, nel punto di incontro dei venti di Levante (Grecale Nord, levantino e Scirocco), si trova la spiaggia di Calarossa. Tra le dieci mete più suggestive di Siracusa, questo luogo tutto particolare ha i connotati per farne parte, grazie alle sue uniche peculiarità. L’accesso è possibile su Via Lungomare di Ortigia, nel rione Turba, per mezzo di una lunga scalinata che vi condurrà sulla particolare spiaggia artificiale: essa nasce infatti da scarti di costruzioni e lavori edili, che il tempo e il lavoro incessante delle onde del mare hanno reso gradevolissimi sia alla vista che al tatto.
Cala rossa è un accesso al mare senza impegno né sforzo; potrete prendere il sole o fare una nuotata nell’ acqua sempre calma grazie ai frangiflutti e godere del panorama mozzafiato alle vostre spalle del Lungomare di Levante, ammirando Siracusa da un punto strategico e completamente nuovo.
Della sua storia e dell’utilizzo che se ne faceva nei tempi antichi, si sa poco: qualcuno sostiene che ne abbiano fatto uso gli ex Conventi sovrapposti, l’ex Distretto, l’ex e piu’ antico Ospedale militare, ma nulla e’ documentato.
La spiaggia di Cala rossa riserva molte piacevoli sorprese: immergendole tra le migliaia di cocci e tirandole poi fuori, osserverete tra le vostre mani coloratissimi frammenti di vetro smussati dal vento, di infinite sfumature. Dal verde scuro all’ azzurro pastello, le vecchie ceramiche conservano ancora la tipica colorazione vivace, e i cocci di vetro e sassolini sembrano completare quella che in altro luogo sarebbe definita un’opera d’arte firmata Vento e Mare. Vi sarà difficile resistere alla tentazione di portare via con voi qualche granello da questo luogo incantevole.
Fonte Aretusa
La Fonte Aretusa è uno specchio d'acqua nell'isola di Ortigia, nella parte più antica della città siciliana di Siracusa.
La sua origine è lo sviluppo di uno dei tanti sfoghi della falda freatica che si trova nel siracusano, la falda che alimenta anche il fiume Ciane nel lato opposto del porto. Presenta una forma circolare doppia, con all'interno una struttura circolare, ovvero un doppio cerchio concentrico.
Nella fonte Aretusa è ambientata la leggenda di Aretusa e Alfeo, uno dei miti più affascinanti di Siracusa. Il fascino visivo di una fonte d'acqua dolce che giunge per via sotterranea sino all'isola per poi riversare le sue acque in mare, ha certamente affascinato molti poeti e scrittori come: Pindaro, Mosco, Ovidio, Virgilio, D'Annunzio, da John Milton nel Licida e da Alexander Pope nel Dunciad; raccontata dagli storici: Timeo, Pausania, Diodoro Siculo, Strabone, Cicerone; raffigurata dai monetieri siracusani Cimone ed Eveneto; musicata dal compositore polacco Karol Szymanowski
La tradizione, raccolta da Pausania, vuole che Archia, prima di partire per fondare la colonia, interpellasse l'oracolo di Delfi che così gli rispose: "Un'isoletta, Ortigia, in mezzo al fosco mare ne sta, di contro alla Trinacria, ove la bocca sgorga dell'Alfeo, mista alla polla d'Aretusa bella".
Von Riedesel, viaggiatore del Grand Tour nel 1767 descrisse la fonte con toni poco lusinghieri:
«Esistono ancora nell'attuale Siracusa alcuni miserabili avanzi della celebre Aretusa. Questa celebre fontana che tutti poeti l'hanno cantata, che tutti gli storici l'hanno citata ed esaltata, che secondo Strabone e Diodoro era così abbondante che conteneva una innumerevole quantità di pesci di una grandezza poco comune, che finalmente fu onorata come la ninfa protetta protettrice di Siracusa, questa celebre fontana non è più che un cattivo lavoro, che riceve, è vero, da due aperture una grandissima quantità di acqua, ma di un gusto un po' salsa, che denota aver della comunicazione col mare; di sorta che questa rinomata fontana oggidì ad altro non serve che a lavare i panni degli abitanti di Siracusa...
IL DUOMO DI SIRACUSA
Considerata la chiesa più importante della città di Siracusa, è entrata a far parte dei beni protetti dall’UNESCO in quanto patrimonio dell’umanità. Il suo stile è all’esterno principalmente barocco e rococò, mentre al suo interno alterna parti risalenti all’epoca siceliota, poiché appartenenti al tempio greco e parti risalenti all’epoca medievale, costruite dai Normanni verso il seicento e così lasciate fino ai giorni attuali. La sua struttura interna è composta in diverse navate e cappelle, le quali hanno uno stile classico e decorato, tipico del barocco anch’esso. Il Duomo di Siracusa, il cui impianto architettonico, concepito come uno scrigno prezioso, cela al suo interno uno dei più celebri e meglio conservati monumenti in stile dorico della Sicilia: il tempio di Atena. Del tempio greco, voluto dal tiranno di Siracusa Gelone nel 480 a.C., per ringraziare la dea della Sapienza della vittoria conseguita ad Imera contro i cartaginesi, si possono ancora vedere quasi tutte le colonne del peristilio e parti della mura della cella. Queste, nel VI secolo d.C., furono inglobate alla chiesa bizantina che si sovrappose all’originaria struttura templare dell’edificio. I Bizantini innalzarono delle mura solide nello spazio tra le colonne e aprirono otto archi sulle pareti dell’antica cella, trasformando, così, il tempio in una basilica cristiana a tre navate che consacrarono alla Vergine Maria.
Ammirato dalla bellezza del monumento sacro, nel VII secolo, il vescovo Zosimo vi trasferì la sede della Cattedrale, precedentemente situata presso la Basilica di San Giovanni alle catacombe, salvando, così, il tempio dalla distruzione. Durante il IX secolo, sotto la dominazione araba, l’edificio fu probabilmente adibito a moschea mentre, nel XII secolo, tornò al culto cristiano divenendo chiesa normanna. In questo periodo fu costruita una nuova facciata e furono alzate le pareti della navata centrale al fine di aprire delle finestre per illuminare meglio l’interno. Di particolare interesse è la pavimentazione quattrocentesca in marmo policromo, che ospita al centro l’antico stemma della città di Siracusa.
Il terribile terremoto del 1693 distrusse la facciata normanna e il campanile che non fu mai più ricostruito. Il restauro che seguì ai danneggiamenti, fu occasione per abbellire internamente la chiesa e per ricostruire all’esterno una facciata nuova, che fu realizzata nella prima metà del Settecento come una quinta teatrale sull’originale impianto bizantino.
Di grande significato religioso, custodisce statue, reliquie e spoglie di santi, martiri e nobili siracusani. I suoi arredi hanno visto il susseguirsi di artisti provenienti da più parti d’Italia e dall’estero. Da sempre simbolo della religiosità siracusana, la cattedrale attraversò le varie fasi storiche e culturali della città.
Il Teatro Greco
Il Teatro Greco rappresenta il maggiore esempio dell’architettura teatrale dell’occidente greco. Ha la particolarità di essere quasi interamente scavato nella roccia.
Oltre che per le rappresentazioni, così com’era costume per gli antichi greci, il teatro veniva usato per le assemblee popolari.
Dopo essere stato adattato in epoca imperiale ai giochi circensi, il teatro cadde in abbandono. Nel XVI secolo, così come gli altri monumenti classici, fu depredato dalle maestranze spagnole di Carlo V che usarono la buona pietra già tagliata per erigere le fortificazioni di Ortigia. Altri guasti vennero dai mulini che erano stati impiantati nella cavea.
Gli scavi, iniziati alla fine del Settecento e protrattisi per tutto il secolo successivo sono stati completati solo nella metà del Novecento.
Pur nella diversità, anche sostanziale, di opinioni degli studiosi sulla genesi del monumento, è generalmente accettato che la forma attuale risalirebbe all’opera di ristrutturazione degli anni 238 – 215 a.C. sotto il regno di Ierone II.
Il teatro si compone di tre parti: koilon (o càvea), orchestra e scena.
Koilon: ha forma semicircolare e con il diametro di oltre 138 metri; i 67 ordini di gradini sono divisi in nove settori (cunei) da otto scalette di servizio. Un lungo corridoio attraversa la cavea nel senso della larghezza: è il diàzoma nella cui faccia superiore vi erano incisi i nomi delle divinità o dei regnanti a cui era dedicato il cuneo. Ancor oggi si leggono i nomi della regina Filistide, di Nereide (rispettivamente la moglie e la nuora di Ierone II). La parte superiore della cavea è priva di blocchi lì originariamente collocati a causa dell'assenza del banco roccioso e successivamente asportati nel XVI secolo sotto il regno di Carlo V.
Orchestra: è lo spazio semicircolare ai piedi della càvea dove danzavano i cori. Il piano dell'orchestra è delimitato da solchi che circoscrivono uno spazio trapezoidale; nel loro complesso essi sono stati interpretati tanto come canali di scolo delle acque (eurìpi) tanto come le tracce dell'antico teatro che in origine aveva quell'aspetto.
Scena: è la vasta spianata dove sorgeva l'edificio scenico, delimitata ai lati da due imponenti piloni. Essa si presenta più volte scavata sia perché vi trovavano alloggiamento gli elementi verticali dell'edificio scenico greco sia perché nel corso dei secoli è stata più volte manomessa per essere adattata alle diverse esigenze di allestimento sceniche, non ultimi i ludi gladiatori.
La parte superiore del teatro era cinta da un ampio portico coperto. La parete rocciosa sovrastante, così come anche altre parti del Colle, è interamente costellata di incavi quadrangolari (naiskoi) destinati ad accogliere i quadretti (pinakes) con immagini votive di divinità o di defunti eroizzati (in qualche modo paragonabili ai nostri Santi). In essa, al centro e in asse con il teatro si apre un'ampia grotta dalla quale scaturisce dell'acqua proveniente dall'acquedotto greco. In questa grotta - ninfeo è possibile riconoscere il Mouseion, ossia la sede della corporazione degli artisti.
Dal lato occidentale della terrazza si accede alla strada superiore d'accesso al teatro (nella quale sono profondamente segnate le carraie); lungo le sue pareti sono stati scavati ipogei funerari bizantini e dai quali trae il nome di "Via dei Sepolcri".
Il Santuario Madonna delle Lacrime
Per la costruzione del Santuario, venne organizzato organizzato un concorso internazionale a cui parteciparono 100 architetti di 17 nazionalità. I vincitori del concorso furono due architetti francesi: Michel Andrualt e Pierre Parat.
Il tempio iniziato nel 1988 fu inaugurato il 6 novembre 1994 da San Giovanni Paolo II, invitato dall’Arcivescovo Mons. Giuseppe Costanzo oggi Arcivescovo Emerito di Siracusa.
Il Santuario è alto circa 103 metri; 94,30 metri a partire dal piano di calpestio. Escludendo le cappelle ha un diametro di 71,40 metri. Ha una capienza di 6.000 posti in piedi e di circa 4.000 a sedere.
L’enorme “aula” cerimoniale è rivestita di marmo che riflette la stella: la Vergine Maria del mattino, che precede il sorgere del sole – Gesù.
La forma del Santuario è oggetto di varie interpretazioni. Gli architetti hanno si proponevano di realizzare strutturalmente il concetto ed il senso di elevazione dell’umanità verso Dio. Altri significati attribuiti alla sua forma sono quelli di: faro, identificabile con Maria che conduce verso il porto che è Gesù; tenda dentro la quale la Madre accoglie i suoi figli per condurli al Padre; lacrima che scende dal cielo.
In cima al Santuario si può osservare, alloggiata nella raggiera, una statua della Madonna, in bronzo dorato, che riproduce per intero l’immagine del Quadretto che ha pianto. La statua è alta circa 3 metri e pesa 600 Kg. Il progetto è di Francesco Caldarella. Maria è rappresentata con le braccia protese verso l’ingresso principale, come per accogliere i suoi figli nella casa del Padre.
Il Quadretto miracoloso
La circolarità dell’unico immenso ambiente trova unità, per lo sguardo del pellegrino, nel bianco marmo su cui è posto l’Altare, dietro il quale emerge la parete che ospita la teca dentro cui è custodito il Quadro della Madonna delle Lacrime.
L’altare della Basilica
L’altare è opera dello scultore Giancarlo Marchese; ha una forma quadrata ed è composto da due parti.
La base, in bronzo è costituita da quattro pannelli che riproducono alcune scene del libro dell’Apocalisse: il trono; la nuova Gerusalemme; l’agnello; l’albero della vita; la colonna; il rotolo.
La grande mensa è in pietra di Modica. Il bordo della mensa reca incisa una frase in greco: “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (Ef. 5,25).
L’opera di Marchese ha per titolo: “Nuovi cieli e nuova terra” perché si prefigge di esprimere la conclusione della storia e il ritorno di Gesù.
Sopra l’Altare è posto il prezioso crocifisso di autore ignoto del 1700.
Le Cappelle
Nel Santuario vi sono 16 cappelle. Guardando l’altare, alla sinistra vi è la cappella del SS.mo Sacramento dove tutte le mattine si celebra la Santa Messa; accanto una cappella è dedicata alla Sacra Sindone. Sulla sinistra vi è la cappella dedicata a San Giuseppe, con statua lignea ed a seguire la Cappella di San Pio da Pietralcina, del quale conserviamo un suo fazzoletto regalato alla Signora Antonina Iannuso e le copie delle immaginette, della Madonna delle Lacrime con preghiere scritte da San Pio.
Il Portone
Il maestoso portone di ingresso interamente in bronzo, opera dello scultore Giacomo Albano, rappresenta la porta di un ovile e reca inciso in greco un versetto del Vangelo di Giovanni (Gv. 10,9). Sulla parte esterna: “Io sono la porta, se uno entrerà attraverso di me sarà salvo”; sulla parta interna: “Entrerà e uscirà e troverà pascolo”. Gesù è la porta che conduce al Padre.
TOUR DI SIRACUSA
Un video dell'Isola di ORTIGIA
Il Porto Piccolo
Il Porto Piccolo o Porto Marmoreo è situato a Est dell’isola di Ortigia, che comprende la parte più interna dell’Arsenale (Lakkios), sede della bonificata laguna Syrako.
Il porto fu separato nel VI sec. a.C. dal meridionale Porto Grande con un istmo artificiale, per collegare l’ isola di Ortigia con il contrapposto promontorio del quartiere interno di Acradina.
Il Porto piccolo venne poi parzialmente descritto e celebrato dagli storici per il nuovo arsenale voluto da Dionigi vicino all’Acropoli, la fortezza con il palazzo del tiranno da noi identificata sull’attuale istmo. Il Lakkios allora aveva due uscite strategiche: quella vecchia dalla quale le navi uscivano normalmente passando, sopra un lungo e profondo canale subacqueo, prima nel Porto piccolo e poi direttamente sul mare aperto; quella nuova attraverso l’istmo per uno stretto canale verso il Porto Grande.
La Pillirina
Se avete voglia di venire in Sicilia ma non sapete scegliere tra le tante bellezze e volete anche qualcosa di particolare da scoprire, vi consigliamo la Penisola della Maddalena e la riserva naturale del Plemmirio (clicca qui per vistarla) .
Luoghi magici carichi di storia, cultura e natura che seppur conosciuti e apprezzati da turisti di tutto il mondo restano sconosciuti ai più diventando delle vere perle da scoprire. Punta della Mola, ad esempio, è uno degli sbocchi (ve ne sono 34) dell’area marina protetta del Plemmirio.
Chiamata anche la Pillirina, è un luogo magico che si trova nella Penisola della Maddalena di Siracusa.
È composta da un’insenatura naturale, con due piccole spiagge, e una suggestiva vista sull’isola di Ortigia.
Oltre alle due spiagge molto caratteristiche, una orientata a nord e una orientata a sud, vi sono dei ruderi di edifici bellici della seconda guerra mondiale, cave e tombe di epoche greche, e un paesaggio ancora poco civilizzato e quasi del tutto rimasto inalterato nel corso degli anni.
In questo luogo si è scritta una pagina importante di storia della città. Da questa insenatura, nel 415 a.C. gli ateniesi per la prima volta hanno attaccato Siracusa per conquistarla. Nelle campagne antistanti le spiagge, ancora oggi, si trovano i resti delle tombe dei soldati siracusani rimasti uccisi nel corso di quella battaglia. Sempre qui si trovano caserme e bunker risalenti alla Seconda Guerra Mondiale.
Sono luoghi meravigliosi, perfetti per gli amanti della fotografia, per gli amanti della più classica giornata al mare o addirittura per gli apneisti e come abbiamo visto anche per gli amanti della storia non solo quella più recente ma anche quella antica.
Infatti a Punta della Mola esiste una necropoli dell’età del bronzo, con tracce del villaggio annesso. Lungo la costa vi sono sei latomie, cioè cave estrattive di età greca, a testimonianza ulteriore che in quest’area sorgeva l’antico quartiere sub-urbano del Plemmyrion, oggi scomparso. Nella zona della Grotta della Pellegrina, sempre a proposito di storia, vi sono anche alcune interessanti cisterne per l’acqua piovana, probabilmente risalenti al XIX secolo.Ma quello che rende più suggestivo questo luogo e la leggenda della Pillirina che affascina residenti e non.
La leggenda della Pellegrina (Pillirina in siciliano) narra di una giovane donna che si innamorò di un marinaio. Ma il loro amore era contrastato dai genitori di lei che avrebbero preferito un uomo ben più facoltoso.
Nascostamente nelle notti di plenilunio si incontravano nella grotta della Pillirina e su di un tappeto di alghe trasportate dal mare sin all'interno i giovani si amavano. Ma nelle successive notti il mare fu parecchio agitato e il marinaio non poté venire all'appuntamento. La giovane donna attese sino alla bonaccia dei giorni successivi, ma il giovane non venne più. Così ferita nell'amore la donna decise di gettarsi in mare e togliersi la vita.
Da allora, i marinai raccontano che nelle notti di luna piena, quando i raggi di luce entrano nella grotta della Pillirina a causa di un foro superficiale, sul posto appare una donna che attende il suo amato.
LE SPIAGGE
Tra le spiagge più suggestive possiamo certamente nominare quella di Fontane Bianche, lunga circa 700 metri e caratterizzata per la sua sabbia bianca e candida, la spiaggia di Arenella, più tranquilla e adatta anche alle famiglie con bambini, e Punta Asparano, che conserva ancora, con le sue calette, tratti selvaggi.
Il mare di Fontane Bianche
La spiaggia dell'Arenella a Siracusa si adatta alle esigenze turistiche più diverse: è molto ampia ed è formata da sabbia a granulazione fine e chiara. Lo stabilimento balneare offre la possibilità di affittare ombrelloni e sdraio, e di noleggiare canoe e pedalò. Vi è anche un grande resort di recente costruzione. La spiaggia è ben attrezzata, con il ristorante e la zona bar. Al lato sinistro dello stabilimento balneare vi è una piccola spiaggia libera e un solarium montato sul mare. A destra dello stabilimento invece, bellissima spiaggia libera e a pochi metri vi sono scogli.
Il Plemmirio
Area Marina Protetta
Si sviluppa su un perimetro di 14,35 km di costa lungo la parte orientale della Penisola della Maddalena, con una superficie di 2.429 ettari di mare protetto. La sua punta estrema è nel capo Murro di Porco, bagnato dal golfo di Noto.
Il territorio è di grande rilevanza dal punto di vista della flora e della fauna, ma anche da un punto di vista storico. Crocevia per il passaggio delle navi e dei bastimenti di Cartaginesi, Romani e Greci, l'area del Plemmirio ospita nei fondali diversi colli d'anfora e reperti di varie epoche, compresi quelli dell'ultima guerra mondiale.
Nel 2017 è stato scoperto lungo le acque della riserva il relitto di un bombardiere inglese Vickers Wellington della seconda guerra mondiale a 36 metri di profondità. L'aereo venne abbattuto alle 2 del mattino del 9 luglio1943 durante l'operazione Husky
All'interno dell'area vivono diverse specie caratteristiche come tonni, dentici, ricciole, delfini, squali e capodogli, ricci.
Plemmirio
Plemmirio - Tramonto -